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Alfano: il processo breve influirà sull'1% dei procedimenti

19 novembre 2009

Angelino Alfano (Mauro Scrobogna / LaPresse)

Di Pietro: Alfano mente. Faccia il ministro non l'avvocato di Berlusconi

Di Pietro: Alfano mente. Faccia il ministro non l'avvocato di Berlusconi

Giustizia: due anni dal rinvio a giudizio per la prescrizione

Il presidente dalla Turchia: "Rispetto per l'autonomia delle Camere

e le difficoltà dei presidenti, ma va rispettato il diritto delle minoranze"

Napolitano e le tensioni nel Pdl

"In Parlamento grosse difficoltà"

"I problemi riguardano anche l'operosità, la densità e la bontà dei prodotti legislativi"

Il presidente Fiat critica l'esecutivo: "Riforme per cittadini, non per qualcuno"

2009-10-19

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2009-11-19

CORRIERE della SERA

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2009-11-24

la ricognizione con i principali uffici giudiziari del paese

Csm: processo breve, a rischio fino al 40% di quelli penali e fino al 47% di quelli civili

Sul fronte penale rischio estinzione più basso a Milano (10%) e più alto (40%) a Palermo, Reggio Calabria e Bari

Vincenza Maccora (Eidon)

Vincenza Maccora (Eidon)

ROMA - L'impatto del ddl sul processo breve sui procedimenti penali è calcolabile in un numero "sopra il 10% e fino al 40% nelle realtà più difficili", come Palermo o Reggio Calabria, riferisce Vincenza Maccora, presidente della sesta commissione consiliare Csm, dopo l'incontro con i presidenti di tribunale e i procuratori della Repubblica delle sedi di Bari, Bologna, Milano, Napoli, Palermo, Reggio Calabria, Roma, Torino e Venezia. Il 10% riguarda gli uffici giudiziari che già oggi hanno tempi medi di definizione dei processi molto contenuti, come Milano. Il 40% si riferisce alle realtà più difficili, come per esempio Palermo, Reggio Calabria e Bari.

PROCESSI CIVILI - Il Csm al termine delle audizioni con i i capi dei principali uffici giudiziari italiani ha sottolineato poi che quasi la metà dei processi civili (47%) saranno toccati, in alcune aree del paese, dalla riforma sul processo breve.

REATI - Corruzione, truffa, reati per colpa medica, delitti contro la famiglia: sono questi i reati più a rischio con il Ddl sul processo breve. Nell'elenco, reso noto dal Csm sulla base di quanto riferito dai capi degli uffici giudiziari, ci sono anche l'aggiotaggio, le lesioni varie e il naufragio colposo.

I PROCESSI A RISCHIO A MILANO - Secondo l’analisi avviata oggi dal Csm l’impatto che il nuovo ddl sul processo breve avrebbe, qualora approvato, sul lavoro del Tribunale di Milano sarebbe molto forte: in quell’ufficio, che ha tempi medi di gestione di un processo penale al di sotto di un anno, andrebbe comunque a intaccare circa il 10% dei processi in essere. Gran parte dei processi, infatti, non verrà toccata, ma saranno a rischio quelli di maggior complessità. Fra questi, quelli Telecom, SantaRita, Mills, Mediaset, Parmalat 2, Bnl e Antonveneta.

MANCINO - Sulla ricognizione è intervenuto anche il vicepresidente del Csm Nicola Mancino, che si era già espresso in precedenza sulla vicenda, spiegando che "Non basta che il processo sia breve ma che sia giusta la decisione". I dati provvisori dell'impatto che il ddl sul processo breve avrà sui procedimenti interessati "cominciano ad essere presentati da questa sera e nei prossimi giorni saranno oggetto di valutazione da parte del Csm". Mancino ha poi sottolineato come la ragionevole durata dei processi debba impegnare tutti gli operatori del diritto. Quello che è emerso, ha spiegato "non è un dato che si vuole contrapporre agli altri dati diffusi in questi giorni ma abbiamo un dovere di verità nel constatare le difficoltà che il ddl porterà sia sui processi civili che quelli penali". "Non c'è la volontà di contrapporre i nostri ad altri dati" ha aggiunto poi Mancino che spiega che sui dati raccolti si aprirà una riflessione per una relazione finale sulla riforma destinata al ministro della Giustizia e che - ha detto - "spero che sia accolta in termini collaborativi".

 

24 novembre 2009

 

 

 

 

 

Il guardasigilli: "L'impatto del processo breve? Iperboliche le cifre dell'anm"

Giustizia, il Pd apre ma fissa i paletti:

"Via il processo breve e dialoghiamo"

Bersani: pronti a discutere la riforma se ritirano dal tavolo il ddl. Schifani e Mancino: "Abbassare i toni"

Pier Luigi Bersani (Ansa)

Pier Luigi Bersani (Ansa)

ROMA - Sulla riforma della giustizia il Pd apre al dialogo, fissando però paletti precisi. Siamo disponibili a discutere ma solo se la maggioranza ritirerà dal tavolo il disegno di legge sul processo breve, è la condizione dettata dal segretario del Pd, Pier Luigi Bersani, in una conferenza stampa al termine della direzione del partito. Una condizione però che non piace alla maggioranza, che per bocca del sottosegretario alla presidenza del Consiglio replica: "Che brutto, vecchio film questo di Bersani che nasconde la solita vecchia tentazione della sinistra di liberarsi dell'avversario per la via giudiziaria".

LA POSIZIONE DEL PD - "Quello della giustizia - ha detto il segretario dei democratici - è sicuramente un problema per i cittadini, vista la lunghezza dei processi. Noi non solo siamo disponibili a discuterne, ma abbiamo già presentato quattro proposte di legge. Adesso però ci stanno facendo vedere un altro film, e cioè come evitare i processi al premier. Ritirino queste norme che sono un pugno in un occhio - è l'invito di Bersani - perché con questa legge si aboliscono solo i processi ai colletti bianchi e per noi non è possibile". "Noi siamo pronti a parlare di giustizia ma al netto dei problemi del premier - ha concluso il numero uno del Pd - che vuol tenere la pallottola in canna del "Giudizio di Dio" sul dopo Berlusconi".

"ABBASSARE I TONI" - È un invito preciso quello che Bersani ha rivolto alla maggioranza e al governo proprio nel giorno in cui approda in commissione Giustizia al Senato il ddl sul processo breve. L'apertura del leader Pd segue le polemiche scatenatesi negli ultimi giorni sul tema giustizia sulle quali ha detto la sua anche Nicola Mancino. "Dobbiamo tenere basso il livello dello scontro: eliminarlo è auspicabile, ma non sempre è possibile" ha spiegato il numero due del Csm parlando alla platea formata da 230 capi degli uffici requirenti italiani. "C'è bisogno di dialogo - ha aggiunto Mancino - qualcuno parla di confronto: perché si abbia c'è bisogno che qualcuno possa parlare e qualcuno ascolti. Il confronto - osserva il numero due di Palazzo dei Marescialli, alla presenza del guardasigilli Alfano - c'è solo se vi sono proposte precise".

Nicola Mancino (LaPresse)

Nicola Mancino (LaPresse)

"ANIMO SERENO" - Mancino rassicura il ministro della Giustizia: "Valuteremo le proposte di riforma con animo sereno, sgombri da qualsiasi tentativo di strumentalizzazione in negativo. Siamo alla vigilia di decisioni preannunciate da parte del governo, in attesa di conoscere le riforme, il loro impatto sulla Costituzione e l'ordinamento". Il paese, aggiunge Mancino "ha bisogno di percepire che chi ha il dovere di presentarsi davanti al corpo elettorale ha il diritto di proporre e di decidere senza minacciare o intimidire". Da parte del Csm, rileva Mancino "non c'è nessuno spirito di rivendicazione, siamo un organo di rango costituzionale che non dipende da nessuno, in un impianto costituzionale che vede al centro parlamento e governo". Tuttavia dopo l'incontro della sesta commissione del Csm con i presidenti di tribunale e i procuratori della Repubblica delle sedi di Bari, Bologna, Milano, Napoli, Palermo, Reggio Calabria, Roma, Torino e Venezia Mancino commenta: " Non basta che il processo sia breve, deve essere anche giusto".

ALFANO - Alfano, dal canto suo, torna a parlare delle cifre fornite dall'Associazione nazionale magistrati sul possibile impatto del ddl sul processo breve. "Sicuramente c'è stato un cortocircuito comunicativo a giustificare percentuali così elevate" afferma il Guardasigilli. Alfano sottolinea come "vi sia una plateale difformità di analisi dei numeri", e che quella fornita dal sindacato delle toghe sia "una cifra iperbolica e infondata". "Non credo davvero che la Anm - aggiunge il ministro - abbia potuto dire queste cose in questi termini, cioè che su 3 milioni 300 mila procedimenti pendenti se ne prescrivono circa la metà, ossia 1 milione 700 mila".

PARERI DEL CSM - Alfano accoglie quindi l'invito di Mancino al dialogo: "Ho detto che mi sarei giovato dei pareri del Csm e l'ho fatto. Ci sono norme modificate in Parlamento in base a quei pareri e non ho mai avviato un contrasto istituzionale con il Csm". Il Guardasigilli aggiunge poi che il magistrato è "autonomo, indipendente e soggetto solo alla legge. Ma va ricordato che la legge la fa il Parlamento". Quindi promette di battersi "per avere più risorse per il settore giustizia", visto che "gli uffici giudiziari hanno scarsi mezzi e poche risorse e anche il governo ha pochi fondi". Infine, Alfano ringrazia le procure per il risparmio sui costi delle intercettazioni: "Vi do atto che negli ultimi 15 mesi avete realizzato, a legislazione invariata, un risparmio di 70-80 milioni di euro - spiega - rinegoziando i costi dei servizi con le ditte di ascolto". In questo modo le intercettazioni "costeranno al ministero un terzo in meno. Il merito è anche un po' mio, ma per la maggior parte è vostro".

 

SCHIFANI - Nella discussione si inserisce anche il presidente del Senato Renato Schifani che rilancia l'appello di Mancino. "Non entro nel merito di un provvedimento all'esame del Senato - afferma Schifani - ma il clima è teso, lo scontro accentuato. Rivolgo un appello alle parti in causa ad abbassare i toni, la conflittualità e ad assumere atteggiamenti responsabili per fare proposte costruttive". Questo perché, ha aggiunto il presidente del Senato, "toccare la giustizia significa toccare gli interessi dei cittadini, la loro sensibilità e il loro diritto ad aspirare ad una giustizia serena e pacata che non litiga al proprio interno ed esamina gli elementi di colpevolezza dei cittadini in un clima tranquillo e in un aula dove vi sia effettiva parità tra accusa e difesa".

FINOCCHIARO - Il presidente dei senatori del Pd, Anna Finocchiaro sull'intenzione del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi di spiegare agli italiani le priorità nella riforma della giustizia esprime il suo disaccordo netto: "Pensavo che Berlusconi volesse parlare agli italiani di lavoro, della crisi e dei problemi delle famiglie ed invece ancora una volta, per la diciottesima volta, siamo di fronte a un provvedimento che serve al premier". "Si tolga di mezzo - aggiunge Finocchiaro - il processo breve e discutiamo del resto". Il capogruppo del Pd al Senato ribadisce il no anche al cosiddetto lodo Casini "perché il lodo Alfano è già stato bocciato anche perché lede il principio dell'uguaglianza dei cittadini dinnanzi alla legge". Quanto allo scontro in atto tra il ministro della Giustizia Alfano e l'Anm sul numero dei processi a rischio di estinzione in caso di approvazione della norma voluta dalla maggioranza, la Finocchiaro ritiene che "abbia ragione chi quotidianamente ha in mano le carte dei processi e comunque l'assoluta incertezza sull'esito del ddl dovrebbe farli rinunciare".

IMMUNITA' DEI PARLAMENTARI - Intanto due deputati del Pdl Silvano Moffa e Antonino Foti hanno presentato alla Camera un progetto di legge costituzionale per modificare l’articolo 68 della Costituzione e reintrodurre l’immunità parlamentare. La proposta riprende in gran parte le norme previste dall’articolo 68 della Costituzione fino al 1993, quando intervenne la modifica sull’onda di Tangentopoli. Il passaggio dedicato al ripristino dell’autorizzazione delle Camere per sottoporre i parlamentari anche a procedimento penale presente nella proposta dei deputati del Popolo delle libertà ricalca infatti esattamente l’articolo 68 della Costituzione pre-1993 (la normativa in materia fu modificata con legge costituzionale del 29 ottobre 1993).

 

 

 

24 novembre 2009

 

 

 

 

 

2009-11-19

Il Capo dello Stato: "Sulle riforme qualcosa si muove"

Napolitano: "In Parlamento

ci sono grosse difficoltà"

"I presidenti delle assemblee faticano a farle funzionare e a rendere il lavoro più efficace e spedito"

Napolitano con la moglie Clio in visita in Turchia (Ap)

Napolitano con la moglie Clio in visita in Turchia (Ap)

SMIRNE (Turchia) - Il presidente della Repubblica, dalla Turchia dove si trova in visita ufficiale, riconosce che la politica italiana, anche a livello istituzionale, non ha una vita facile: "È chiaro che oggi ci sono in Parlamento grosse difficoltà ", ha detto Napolitano, rispondendo ad alcune domande dei giornalisti prima di ripartire per il Quirinale. Lo ha detto riaffermando la centralità del Parlamento e premettendo che una valutazione sul lavoro parlamentare spetta a osservatori, commentatori "e anche al presidente della Repubblica, con le cautele dovute".

SCARSA EFFICIENZA - "Io rispetto - ha precisato Napolitano - l'autonomia del Parlamento, le difficoltà che incontrano i presidenti delle assemblee parlamentari per farle funzionare e per rendere il lavoro più efficace e spedito, ma con la massima attenzione per tutti i diritti della minoranza e per tutte le proposte delle opposizioni. È chiaro che oggi ci sono grosse difficoltà in questo senso". Le difficoltà, ha aggiunto Napolitano, riguardano anche "l'operosità, la densità e la bontà dei prodotti legislativi. Mi riservo di intervenire ancora su questo tema", ha concluso.

"SULLE RIFORME QUALCOSA SI MUOVE" - Sulle riforme, ha poi aggiunto il Presidente della Repubblica "non so se ci siano novità, mi sembra che qualcosa si muova". "La democrazia dell'alternanza - ha detto - resta la mia linea guida".

SU BATTISTI: "DECISIONE IMPORTANTE" - Il presidente della Repubblica, cambiando tema, ha poi commentato la decisione dell’Alta Corte di Brasilia sull’estradizione dell’ex terrorista italiano Cesare Battisti come "una decisione importante, sarebbe stato grave l’opposto". Napolitano ha osservato che se la Corte avesse deciso in modo diverso "sarebbe stato un colpo molto duro per le famiglie delle vittime degli atti compiuti dal signor Battisti. Sarebbe stata una palese ingiustizia, perchè innanzitutto si deve assicurare giustizia a chi ha subito dei torti, giustizia per le vittime"

 

19 novembre 2009

REPUBBLICA

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2009-11-26

Il presidente delle Acli, Andrea Olivero, si schiera

"Questa legge danneggia i piu' poveri. Più fondi per la giustizia"

"Processo breve, un passo indietro

tutti i cittadini sono uguali"

di VLADIMIRO POLCHI

"Processo breve, un passo indietro tutti i cittadini sono uguali"

Andrea Olivero

ROMA - "Sarà nostro compito vigilare affinché tutti i cittadini si rendano conto della posta in gioco e del rischio che vengano di fatto condonati reati lesivi dei diritti di tutti". Andrea Olivero, presidente nazionale delle Acli (Associazioni cristiane dei lavoratori italiani: oltre 980mila iscritti, 4.500 circoli) è un moderato per eccellenza. Ma sulla riforma del processo breve il suo giudizio è radicale: "E' un grave passo indietro nel rispetto del principio di eguaglianza di tutti i cittadini davanti alla legge".

L'intento, dichiarato, del disegno di legge è però solo quello d'accorciare i tempi dei processi.

"Sull'intento siamo tutti d'accordo. I guai della giustizia italiana li conosciamo bene e siamo i primi a voler tempi brevi e giusti. Ma qui si fa ben altro".

Cosa?

"Accelerare in corsa i tempi della prescrizione è pericolosissimo per la giustizia. Perché questo progetto va a colpire solo i cittadini più poveri che non hanno mezzi adeguati, mentre da sempre i potenti e la malavita organizzata hanno fatto dell'allungamento dei tempi dei processi e dell'utilizzo sofisticato delle tecniche processuali, il perno della loro strategia ai fini del raggiungimento della prescrizione. Insomma, siamo dinnanzi a un passo indietro nell'eguaglianza di tutti cittadini".

Le nuove norme varranno solo per alcuni reati. Vede in questo un'ulteriore discriminazione?

"Certo, si accelera la prescrizione per reati molto rilevanti come la corruzione, in un Paese come il nostro caratterizzato da un sistema di corruttela molto diffuso nella pubblica amministrazione: non è accettabile garantire ora una sorta di impunità. D'altro canto, attualmente si esclude dalla riforma il reato d'immigrazione clandestina, cadendo così nel ridicolo.

Ma bisogna stare molto attenti: l'opinione pubblica vede la problematicità dell'immigrazione, ma non dimentica certo la corruzione, la truffa-Parmalat, la tragedia della Thyssen. Anche per questo, le Acli sono preoccupate dello stato di salute della legalità in Italia".

Ci spieghi meglio.

"Non possiamo dimenticare lo scudo fiscale, con capitali consistenti che stanno rientrando dall'estero e con i loro titolari che mantengono l'anonimato. Proprio da noi, che siamo il Paese dei grandi capitali in mano alle mafie. La nostra preoccupazione cresce: ci vuole una riforma della giustizia, ma senza condoni di fatto".

Che tipo di riforma, allora?

"Più mezzi, più organici e più risorse. Chiediamo uno sforzo straordinario per la giustizia. Noi vogliamo avere più giustizia. Il governo invece fa il contrario: una riforma svincolata dagli investimenti significa infatti meno giustizia".

© Riproduzione riservata (26 novembre 2009)

 

 

 

 

2009-11-24

Il testo in commissione. Opposizioni polemiche: "Troppa fretta"

Nuovo scontro tra il ministro Alfano e l'Associazione magistrati

Fini: "Processo breve non è la riforma"

Csm, a rischio fino al 40% dei dibattimenti

Da Mancino e Schifani invito ad "abbassare i toni del dibattito"

Il procuratore Grasso: "Governo incoerente con la mafia"

Fini: "Processo breve non è la riforma" Csm, a rischio fino al 40% dei dibattimenti

Alfano e Mancino

ROMA - I numeri del Csm danno ragione all'Anm e torto ad Alfano: "Con il processo breve verrebbero cancellati tra il 10 e il 40 per cento dei dibattimenti". Non solo. Quasi la metà dei processi civili (47%) saranno toccati, in alcune aree del paese.

Particolarmente rischiose per i procedimenti toccati dal ''giudizio breve'' saranno le udienze preliminari: ''Possono durare anche da sei mesi a un anno e mezzo e questa lunghezza sottrae tempo prezioso al dibattimento breve che deve durare due anni dalla richiesta di rinvio a giudizio fino alla sentenza'', e' la spiegazione di Ezia Maccora, che in questi giorni ha ascoltato le relazioni di tutti gli uffici giudiziari d'Italia relative al processo breve. ''Anche in tribunali virtuosi come quello di Torino - spiega ancora Maccora - la trasmissione puo' durare tra i nove mesi e un anno e mezzo, visto che l'organizzazione dell'ufficio ha scelto di impiegare la maggior parte del personale nella gestione dei processi veri e propri''.

Sono dati allarmanti, ai quali si aggiunge il monito del vicepresidente Mancino: "Il processo sia non solo breve, ma anche giusto".

Lo stesso Mancino, in mattinata, proprio nel giorno in cui il ddl sul processo breve approda in Senato, aveva lanciato un invito alla pacatezza. "Dobbiamo tenere basso il livello dello scontro" dice il vicepresidente del Csm Nicola Mancino ai 230 capi degli uffici requirenti italiani che lo ascoltano. Un'esortazione dopo il duro scontro, tutt'altro che sopito, sulla giustizia. Una esortazione che viene rilanciata anche dal presidente del Senato Renato Schifani: "Rivolgo un appello alle parti in causa ad abbassare i toni, la conflittualità e ad assumere atteggiamenti responsabili per fare proposte costruttive".

Ma, nonostante tutto, il clima resta teso. Dentro al Pdl e per quanto riguarda i rapporti tra maggioranza e opposizione. Il presidente della Camera, Gianfranco Fini dice che gli interventi per accorciare il processo "sono giusti, ma non sono la riforma della giustizia. Non confondiamo piani diversi". E sulle riforme rilancia il dialogo bipartisan, che "a partire dalla bozza Violante può essere legge in pochi mesi".

Il Pd avverte: "Via il processo breve e discutiamo". Anche il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso sottolinea la sua perplessità: "E' assolutamente innovativo discutere di prescrizione dei processi. Di solito, in altri sistemi giuridici e in altri Paesi, si prescrivono i reati".

Nel frattempo il ministro della Giustizia Angelino Alfano attacca i "pm con vocazioni cinematografiche" e torna a contestare le cifre date dall'Anm sull'impatto del processo breve. Troppo alte, secondo il Guardasigilli. "C'è stato un cortocircuito comunicativo a giustificare percentuali così elevate - dice Alfano - Non credo davvero che la Anm abbia potuto dire che su 3 milioni 300 mila procedimenti pendenti se ne prescrivono circa la metà, ossia 1 milione 700 mila".

Poi il ministro distende i toni e sembra accogliere l'invito al dialogo di Mancino: "Ho detto che mi sarei giovato dei pareri del Csm e l'ho fatto. Ci sono norme modificate in Parlamento in base a quei pareri e non ho mai avviato un contrasto istituzionale con il Csm". Infine la promessa, già espressa, di battersi "per avere più risorse per il settore giustizia". E un ringraziamento alle procure per il risparmio sui costi delle intercettazioni. Ma proprio sulle intercettazioni arriva l'affondo del procuratore Grasso: "Il ddl intercettazioni, che e' ora all'esame del Senato dopo essere stato approvato dalla Camera, indebolisce gravemente l'azione di contrasto alla mafia".

Per Grasso, infatti, la lotta alla mafia fatta dal governo è "incoerente". Da un lato, infatti, "vengono

propugnate politiche sulla sicurezza", dall'altro "vengono tolti, ai magistrati e alle forze di polizia, gli strumenti di contrasto contro il crimine organizzato. A partire dalle intercettazioni".

Sul fronte procedurale il ddl è stato formalmente 'incardinato' nei lavori della commissione Giustizia di palazzo Madama. Oggi il relatore Giuseppe Valentino del Pdl, ha pronunciato la relazione e spetterà all'ufficio di presidenza convocato per domani fissare le tappe dell'iter del provvedimento, che comunque tornerà in esame la settimana prossima. Le opposizioni, però, annunciano battaglia: "Non si capisce - dice Luigi Li Gotti dell'Idv - perchè un provvedimento come questo debba avere la precedenza su tanti altri". Molto scettico Luigi Zanda, vice presidente dei senatori Pd: "E una legge della fretta. E viola l'art.3 della Costituzione".

(24 novembre 2009) Tutti gli articoli di politica

 

 

 

 

 

 

Giuseppe Esposito, consigliere al Tar di Lecce ha azzerato l'arretrato

Si schermisce: "Mi piace il lavoro, non mi ammazzo e giudico cause semplici"

Ecco il giudice superveloce

Sei sentenze alla settimana

Ha la stessa produttività di tanti altri colleghi in tre mesi

Il problema degli incarichi extra che riducono le risorse sulla routine

Alle 8 del mattino, dopo colazione, è alla scrivania. Stacca per il pranzo, riprende alle quattro del pomeriggio e termina a sera inoltrata. Otto, nove, anche dieci ore al giorno. Dal lunedì al venerdì. Applicazione puntigliosa e appassionata per un risultato splendente. Il lavoro che i suoi colleghi concludono in novanta giorni lui lo abbatte in una settimana. Zero fascicoli arretrati.

Giuseppe Esposito, il giudice che macina sentenze, ha conosciuto la magistratura dopo vent'anni da avvocato. E' consigliere del Tar di Lecce da ventiquattro mesi appena. Ogni volta che raggiunge il tribunale (l'udienza è quindicinale) consegna in cancelleria le sue sentenze: circa sei ogni sei giorni lavorativi. "Non faccio nulla di sorprendente. Magari sarà l'effetto dell'adrenalina per un impegno che mi coinvolge molto. E so che la mia condizione è particolarmente felice. Anzitutto sono magistrato amministrativo, dunque una giustizia specializzata, di nicchia, non al centro del fuoco come i colleghi impegnati nel processo civile o penale. Poi la mia breve anzianità di servizio non permette di storicizzare il ritmo di lavoro. Magari tra qualche anno ridurrò l'ansia e anche la mia prestazione subirà una contrazione. Terzo: sono decine e decine i colleghi che fanno come e naturalmente meglio di me. Quarto: i numeri da soli non danno il senso compiuto della fatica. Una sentenza non è mai uguale all'altra. E pesarle allo stesso modo non è corretto. Le mie sei sentenze a settimana posso equivalere per complessità a due, tre che altri hanno in carico e stendono nel medesimo arco di tempo".

Le premesse sono importanti ma il dato nudo emerge: il lavoro premia e conduce a un risultato inimmaginabile. Nel 2006 in Italia le cause civili pendenti in primo grado erano 3,68 milioni; quelle penali 1,2 milioni. Più del doppio - ha appena scritto Michele Ainis sulla Stampa - rispetto a Germania, Francia e Inghilterra. In Italia il processo ha il costo più alto in Europa (670 mila euro) e il valore più basso: nel 2007 si sono prescritti 209.779 procedimenti.

L'ossessione berlusconiana di questi anni, con una produzione gigantesca di norme ad personam e il conflitto permanente che ne è seguito ha coperto un tema centrale dell'organizzazione giudiziaria: il ritmo di produzione del lavoro, la qualità di quel lavoro, l'etica di un impegno volto alla difesa delle regole, perno insostituibile della vita di ogni democrazia.

Ma se la politica ha taciuto, la magistratura ha omesso di considerare peccato capitale la sua cattiva organizzazione.

I fascicoli abbondano e gli arretrati aumentano ma i magistrati destinano sempre più risorse a compiti extragiudiziari. Sono duemila gli incarichi extra all'anno, 1044 i magistrati che ne hanno beneficiato l'anno scorso e 11mila ore di lavoro svolte altrove: nelle università, nelle diverse autorità regolamentari, negli arbitrati, negli uffici di gabinetto dei ministri.

La relazione tra magistratura amministrativa e contabile e la politica è ancor più spesso contaminata da amicizie e tutele. Nessuna norma ha ancora vietato a un giudice posto fuori ruolo (destinato cioè a un incarico totalmente estraneo alla sua funzione) di raccogliere incredibilmente il frutto - lo stipendio - di un lavoro mai svolto. Due stipendi al posto di uno. Tutto a norma di legge. Infatti l'ufficio stampa della Corte dei Conti così ha spiegato: "Il collocamento nella posizione di fuori ruolo è previsto da varie disposizione di legge... i magistrati collocati fuori ruolo percepiscono lo stipendio loro spettante al quale si cumulano gli emolumenti concessi dalle amministrazioni o autorità presso cui svogono il loro incarico".

La norma è sopravvissuta al suo tempo, quando il giudice prestava volontariamente e senza alcuna retribuzione la propria opera presso altri uffici dello Stato. Il tempo, senza che mano la toccasse, l'ha fatta divenire una corposa regalìa, uno stipendio bis ingiustificato.

Ma oggi è un altro giorno. Il ministro Brunetta prevede tornelli agli ingressi dei tribunali e punta ogni carta sul merito. Viva il merito! Infatti sulla sedia accanto, nel consiglio dei ministri, siede Franco Frattini. Consigliere di Stato fuori ruolo (primo stipendio), deputato (seconda indennità) e ministro (terzo emolumento).

Frattini non macina sentenze ma carriere: è infatti appena stato nominato per anzianità di servizio presidente di sezione. L'anzianità. Il suo collega Giuseppe Esposito, il giudice di Lecce dagli arretrati zero, potrà aspirarvi nel 2042 a soli 81 anni...

(24 novembre 2009)

 

 

 

 

 

2009-11-20

Berlusconi alla Conferenza Nazionale dell'Avvocatura: riforma è priorità del governo

Il presidente della Repubblica: siete protagonisti essenziali del sistema

Giustizia, messaggio di Napolitano

"Rispettare equilibri costituzionali"

L'Anm: "verso di noi clima di aggressione mediatica". Fini: "La democrazia è forte solo dove lo è il Parlamento"

Giustizia, messaggio di Napolitano "Rispettare equilibri costituzionali"

ROMA - Riforma della Giustizia, interviene Napolitano. Per il capo dello Stato vanno "rispettati gli equilibri costituzionali", afferma con un messaggio in occasione della sesta Conferenza Nazionale dell'Avvocatura. Appuntamento al quale arriva anche il messaggio del presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, a detta del quale la riforma costituzionale della giustizia è "indispensabile" e rappresenta "una priorità" per il governo in carica.

Napolitano. "Migliorare il funzionamento della giustizia nel rispetto di corretti equilibri istituzionali": è questo l'augurio di Napolitano, che ha sottolineato l'importanza di un bilanciamento tra i poteri. Il presidente della Repubblica ha ricordato "l'insostituibile ruolo" che l'Avvocatura svolge a tale riguardo come "protagonista essenziale" del sistema giustizia e "come 'filtro naturale' tra cittadini e tribunali".

Il presidente si è rivolto direttamente agli esponenti della Conferenza, manifestando la propria fiducia verso i contributi che l'Avvocatura può dare ad un confronto quanto mai "delicato". "Anche per l'autorevolezza dei relatori e la diversità dei loro percorsi professionali - ha spiegato Napolitano - il convegno potrà offrire significativi, sereni contributi al delicato confronto in atto su come migliorare e rendere efficiente un servizio pubblico fondamentale quale è quello della giustizia, nel rispetto di corretti equilibri istituzionali".

Berlusconi. La riforma costituzionale della giustizia è "indispensabile" e rappresenta "una priorità" per il governo in carica, ha ribadito il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, nel messaggio inviato in occasione dei lavori della Conferenza Nazionale dell'Avvocatura. "La riforma della giustizia - vi si legge - occupa un posto prioritario nel programma politico sulla base del quale gli elettori hanno ritenuto di affidare alla maggioranza che mi onoro di guidare il compito di governare", si legge nella nota. "La fiducia di quegli elettori ci impone di portare a termine gli impegni presi per una giustizia veramente imparziale, più giusta ed efficiente".

"Abbiamo già varato importanti provvedimenti di riforma del codice di procedura civile e per la digitalizzazione della giustizia, mentre sono in discussione in Parlamento la riforma del processo penale e la riforma dell'avvocatura", prosegue il messaggio. "Adesso seguirà l'indispensabile riforma costituzionale della giustizia, che porrà in condizioni di effettiva parità l'accusa e la difesa nel processo". La strada, ha aggiunto il premier, è ancora lunga, "ma sappiamo di avere accanto in questo percorso l'avvocatura italiana, alla quale la nostra Costituzione affida l'essenziale funzione di tutela delle garanzie di libertà dei cittadini, e che costituisce pertanto una protagonista indispensabile dell'ammodernamento del sistema giudiziario".

L'Anm. Alla Conferenza è intervenuto anche il presidente dell'Associazione Nazionale Magistrati, Luca Palamara. "La magistratura non è in guerra contro nessuno, vuole solo far sentire la sua voce per quanto riguarda le riforme per i cittadini". Palamara ha espresso la propria preoccupazione per il clima di "aggressione mediatica" che si è generato attorno alla magistratura. "Non vorrei - ha affermato - che la magistratura venisse lasciata sola in questo clima di aggressione mediatica per cui spesso viene indicata come sola responsabile dei problemi della giustizia. Non siamo arroccati, nè corporativi, ma ci batteremo sempre per una magistratura indipendente, non condizionata dal potere politico.

Fini. In altra sede, il presidente della Camera Gianfranco Fini ha ribadito la centralità del Parlamento per una democrazia che funzioni. "La democrazia è forte dove il parlamento è forte", ha affermato Fini, riprendendo il titolo di un recente convegno dell'associazione ex parlamentari.

Intervenendo nella Sala della Lupa a Montecitorio, la terza carica dello stato ha osservato che "il Parlamento è forte quando non solo dispone di efficaci poteri di intervento nella decisione sulle politiche pubbliche, ma anche e soprattutto quando gode di una considerazione sociale che spetta, in primo luogo, a chi ne è stato e a chi ne è attualmente membro".

(20 novembre 2009)

 

 

 

 

 

2009-11-19

Per il ministro, il decreto farà cadere in prescrizione solo l'1 per cento dei procedimenti

Palamara: ddl è incentivo per chi commette reati, non contributo alla sicurezza

Processi brevi: Anm contro Alfano

"Previsioni non realistiche"

Il Guardasigilli: sorprende il catasfrofismo, ma accoglieremo spunti per migliorare il testo

Processi brevi: Anm contro Alfano "Previsioni non realistiche"

Il ministro Angelino Alfano

ROMA - Si riapre il duello tra il ministero della Giustizia e l'Associazione Nazionale Magistrati, dopo le prime stime diffuse dal ministro Alfano sull'incidenza del decreto Gasparri. Secondo Alfano, il decreto legge sul processo breve farà cadere in prescrizione solo l'1 per cento dei procedimenti pendenti: una piccola percentuale, che non giustifica i toni "catasfrofici" utilizzati da alcuni soggetti "autorevoli". Immediata è stata la reazione dell'Anm, che ha manifestato il proprio scetticismo verso le stime avanzate dal Guardasigilli: "si tratta di prospettive troppo rosee, la realtà non è questa". E ancora, nelle parole del presidente Palamara: "Il ddl non è certo un contributo alla sicurezza: è un incentivo per chi commette reati".

La stime di Alfano. Secondo le prime stime del ministro della Giustizia Angelino Alfano, il decreto legge sul processo breve influirà su circa l'1 per cento dei processi pendenti. "Senza pretese di definitività, si può stimare cha nella forma ad oggi presentata al Senato, il ddl provocherà la prescrizione di circa l'1 per cento del totale dei processi pendenti oggi in Italia, senza calcolare naturalmente l'incidenza delle assoluzioni", ha affermato il ministro nel corso del "question time" alla Camera.

Previsioni "catastrofiche". Alfano si è detto "sorpreso" per il carattere eccessivamente negativo di molte previsioni, alcune delle quali avanzate da "fonti autorevoli". "Sorprende non poco - ha dichiarato - che siano state formulate previsioni catastrofiche". Per le stime del ministero, "si può desumere un impatto molto meno traumatico di quanto da più parti, in modo enfatico e intempestivo, è stato prospettato".

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Replica dell'Anm. Non si è fatta attendere la replica dell'Associazione Nazionale Magistrati, che ha espresso dubbi sulle stime avanzate dal ministero. "Non credo che la realtà corrisponda alla rosea prospettiva di via Arenula", ha dichiarato il presidente dell'Anm, Luca Palamara. Che ha aggiunto: "E in ogni caso, decine di migliaia di vittime del reato private di giustizia non sono un dato di cui poter essere soddisfatti".

Secondo l'Anm, il dato diffuso oggi da Alfano è quanto meno affrettato. "Mi pare difficile che gli effetti di un intervento così complesso possano essere già quantificati in termini statistici", ha commentato il segretario dell'Anm, Giuseppe Cascini. "Non conosciamo i criteri statistici utilizzati dal ministero per giungere a questa conclusione (l'1 per cento dei processi destinato alla prescrizione), nè il tipo di rilevamento effettuato", ha precisato. "Allo stato attuale - ha concluso il segretario del sindacato delle toghe - ci risulta che il Csm abbia avviato un'indagine conoscitiva, e anche l'Anm sta cercando di raccogliere i dati per valutare l'impatto delle norme proposte".

Alfano: aperti a suggerimenti. Alfano si è poi detto aperto a spunti e suggerimenti: "Tutti gli spunti che perverranno in Parlamento per migiorare il testo saranno accolti", ha aggiunto. Per poi precisare subito dopo: "Come governo, tuttavia, riteniamo che 6 anni per un processo penale più le indagini, cioè circa 8 anni, sia un tempo sufficiente per tenere un cittadino sotto la giurisdizione dello Stato".

Verifiche in fase prelimiare. Le verifiche sul numero dei procedimenti che cadrebbero in prescrizione con il ddl Gasparri sono ben lungi dall'essere completate. Il guardasigilli ha infatti ricordato che i dati non possono essere definitivi e che la Direzione generale di statistica del ministero sta lavorando per approfondire la questione sulla base di un campione "in piena e fattiva collaborazione con il Csm". La natura complessa della materia ha fatto sì che la valutazione degli effetti sia "ancora in fase preliminare" da parte degli uffici del Senato, dell'Istat e del Csm, ha concluso Alfano.

La reazione di Di Pietro. Durissimo il commento di Antonio Di Pietro, che invita Alfano a "fare il ministro della Giustizia, non l'avvocato di Berlusconi". "In un paese civile, in uno stato di Diritto, il ministro Alfano non può permettersi di mentire - afferma il leader dell'Italia dei Valori - Dire parole come queste è un vero e proprio peccato mortale". Secondo Di Pietro, infatti, quanto detto oggi dal Guardasigilli è falso "sia in termini quantitativi che in termini qualitativi". "Il problema - sostiene Di Pietro - non è quanti processi andrebbero estinti, ma quali andrebbero prescritti. Guarda caso - aggiunge - sono i processi riguardanti i colletti bianchi, gli evasori fiscali e i corruttori. E poi, se pure fosse vero che solo l'un per cento andrebbe prescritto, ciò smentirebbe la necessità di questa legge, che servirebbe solo a pochissimi, anzi ad uno solo: Silvio Berlusconi".

(19 novembre 2009) Tutti gli articoli di politica

 

 

 

 

 

 

Il presidente dalla Turchia: "Rispetto per l'autonomia delle Camere

e le difficoltà dei presidenti, ma va rispettato il diritto delle minoranze"

Napolitano e le tensioni nel Pdl

"In Parlamento grosse difficoltà"

"I problemi riguardano anche l'operosità, la densità e la bontà dei prodotti legislativi"

Napolitano e le tensioni nel Pdl "In Parlamento grosse difficoltà"

SMIRNE (TURCHIA) - Il presidente della Repubblica è preoccupato. le crescenti tensioni e le conseguenti incertezze del quadro politico lo portano a dire, dalla Turchia dove si trova in visita, che "è chiaro che oggi ci sono in Parlamento grosse difficoltà".

Il presidente lo ha detto riaffermando la centralità del Parlamento e premettendo che una valutazione sul lavoro parlamentare spetta a osservatori, commentatori "e anche al presidente della Repubblica, con le cautele dovute".

"Io rispetto - ha precisato - l'autonomia del Parlamento, le difficoltà che incontrano i presidenti delle assemblee parlamentari per farle funzionare e per rendere il lavoro più efficace e spedito, ma con la massima attenzione per tutti i diritti della minoranza e per tutte le proposte delle opposizioni. E' chiaro - ha ripetuto - che oggi ci sono grosse difficoltà in questo senso. Difficoltà, ha aggiunto, che riguardano anche "l'operosità, la densità e la bontà dei prodotti legislativi. Mi riservo di intervenire ancora su questo tema".

Sul caso Schifani, che aveva esplicitamente evocato elezioni anticipate in caso di maggioranza non compatta, il capo dello Stato si limita a dire che forse incontrerà il presidente del Senato: "Quando rientrerò in Italia ascolterò, può darsi anche che veda il presidente del Senato".

"Spiragli sulle riforme". Malgrado questa analisi pessimista, il capo dello Stato vede per le riforme aprirsi qualche spiraglio. "Non so se ci siano novità - dice il presidente -, ma mi sembra che qualcosa si muova".

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(19 novembre 2009)

 

 

 

 

Il presidente Fiat critica l'esecutivo: "Riforme per cittadini, non per qualcuno"

Mettere mano all'ordinamento "è un impegno preso con i cittadini in campagna elettorale"

Giustizia, Montezemolo contro il governo

Schifani: "Maggioranza coesa, avanti senza voto"

Il presidente del Senato: "Trovare un tavolo in Parlamento

per misurarsi sulla modernizzazione del Paese"

Giustizia, Montezemolo contro il governo Schifani: "Maggioranza coesa, avanti senza voto"

Luca Cordero di Montezemolo

ROMA - Le riforme vanno fatte, ma devono essere condivise, senza agitare lo spauracchio delle elezioni anticipate: devono avere come obiettivo il vantaggio della collettività, non di pochi eletti. A sostenerlo, con parole insolitamente nette contro il governo, è Luca Cordero di Montezemolo. Il presidente della Fiat ha partecipato a un incontro moderato dal vicedirettore di Repubblica Massimo Giannini, all'Università Cattolica di Roma.

Si parlava di "Anticorpi contro il declino". E Montezemolo non ha usato metafore. "Bisogna fare riforme condivise, non riforme per far piacere a qualcuno ma per avvicinare lo Stato ai cittadini: mi riferisco in particolare alla giustizia". E una prima risposta, indiretta, arriva dal presidente del Senato, Renato Schifani: "La maggioranza è coesa, lo ha detto il premier, si va avanti senza voto". E sulle riforme aggiunge: "Fra due settimane ne parleremo in Aula".

La critica. Montezemolo è fortemente critico anche sul clima generale all'interno della maggioranza e in Parlamento. "Siamo costretti - dice - ad ascoltare la minaccia di elezioni anticipate, ma si tratta di una pistola scarica, perché la gente non capirebbe. Sarebbe grave, perché il governo ha una larga maggioranza e la gente riterrebbe incomprensibile tornare a votare perchè la maggioranza dichiara fallimento per contrasti interni".

"Questo governo - insiste il presidente della Fiat - ha preso un impegno con i cittadini in campagna elettorale su tante riforme importanti da fare. Io auspico che vengano fatte in fretta, a maggior ragione vista la situazione che abbiamo. Dopodiché come tutti i paesi democratici del mondo il governo sarà sottoposto al giudizio dei cittadini, auspicando che possano scegliere in futuro di mandare in Parlamento non solo persone decise dalle segreterie dei partiti".

E a proposito della compagine di governo Montezemolo rilancia: "Oggi vediamo che c'è una coalizione in crisi non perchè c'è disaccordo sul programma, ma semplicemente perché le cose non si fanno. Mentre nel dibattito politico oggi c'è un clima da stadio, da curva sud".

La difesa di Schifani. ''La maggioranza è coesa, lo ha

detto il premier. Si va avanti senza voto. Ne prendo atto con piacere la stabilità degli esecutivi è garanzia di quella governatività che vogliono i cittadini'', ribatte il presidente del Senato Renato Schifani, prima di inaugurare l'anno accademico della Residenza universitaria internazionale promossa dall'Opus Dei.

A chi gli chiedeva se con le sue dichiarazioni di martedì scorso circa la necessità di elezioni anticipate in mancanza di una coesione all'interno della maggioranza, la seconda carica dello Stato ha tenuto a chiarire che con questa affermazioni non ha voluto in alcun modo lanciare 'moniti'. "Ho solo sviluppato un ragionamento - ha spiegato Schifani - che vale per ogni democrazia bipolare, ho parlato in chiave generale e astratta".

Riforme. "Sono fortemente soddisfatto da questo passo in avanti che abbiamo fatto e sto lavorando anch'io su maggioranza e opposizione perché si instauri almeno questo dibattito per individuare l'indice delle riforme, gli argomenti che andranno toccati dalle future riforme", dice Schifani che non nasconde il suo interesse per la decisione maturata alla conferenza dei capigruppo di Palazzo Madama di provare a produrre una mozione condivisa dalle forze politiche su alcuni punti di riforma costituzionale, tra cui la riduzione dei parlamentari, il Senato delle Regioni ed il superamento del bicameralismo perfetto.

Il dibattito su un'eventuale mozione condivisa tra maggioranza ed opposizione è stato fissato per il 2 dicembre al Senato; Schifani dice di voler rivolgere "un accorato appello a maggioranza ed opposizione affinché si trovi un tavolo che deve essere in Parlamento per misurarsi sulla modernizzazione del Paese che vogliono i cittadini".

Marcegaglia: "Elezioni? Una follia". Un appello alla politica arriva anche dal Presidente di Confindustria. "Andare a elezioni anticipate sarebbe una follia, un atto irresponsabile, a maggior ragione perché abbiamo un governo con un'ampia maggioranza", ha detto Emma Marcegaglia a margine di una conferenza alla Scuola di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza.

"Noi - ha aggiunto - chiediamo proprio nell'insieme della politica di non fare prevalere le logiche personalistiche". Poi la Marcegaglia rivolgendosi alla politica ha chiosato: "Concentratevi sul bene del Paese".

(19 novembre 2009)

 

 

L'UNITA'

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2009-11-24

Fini contro il processo breve: "non è la riforma della giustizia". Bersani: "Ritiratelo e discutiamo"

Il presidente della Camera Fini attacca di nuovo i progetti di Berlusconi: "Il processo breve non è la riforma della giustizia", afferma. Se si vogliono le riforme costituzionali con largo consenso "si può ripartire dalla bozza Violante", afferma ancora Fini. "Può diventare legge in pochi mesi". Un'apertura sulle riforme che il Pd considera giusta: "Sulla bozza Violante il Presidente

Fini ha detto parole sagge - afferma Bersani - confermo che, a partire da quel testo, noi siamo pronti a discutere di riforme costituzionali, iniziando dal superamento del bicameralismo perfetto, dalla riduzione del numero dei parlamentari e dal rafforzamento dei poteri di governo e parlamento". "Posso aggiungere che una simile iniziativa sarebbe coerente con il percorso delle normative sul federalismo fiscale, alle quali abbiamo contribuito, e a un possibile confronto sul codice delle autonomie. Sarebbe curioso, infatti - aggiunge - occuparsi giustamente dei consigli di quartiere dimenticandosi delle esigenze di ammodernamento di Parlamento e Governo"

Poco prima il Pd aveva ribadito di essere pronto a discutere di giustizia, ma solo se il Pdl ritirerà il disegno di legge sul processo breve. Lo ha detto lo stesso segretario, in una conferenza stampa al termine della Direzione del partito. "Quello della giustizia - ha detto Bersani - è sicuramente un problema per i cittadini, vista la lunghezza dei processi. Noi non solo siamo disponibili a discuterne, ma abbiamo già presentato quattro proposte di legge". "Adesso però - ha proseguito - ci stanno facendo vedere un altro film, e cioè come evitare i processi al premier. Bondi, che è il ministro della Cultura, ci presenti il film giusto e noi discutiamo. Se vogliono evitare i processi ai colletti bianchi per noi non è possibile".

Quanto al No-B day, di fronte agli interrogativi che regolarmante gli vengono riproposti in questi giorni, ha ribadito che il partito democratico "ha una posizione lineare: non ci facciamo tirare per la giacca. "Ci sono manifestazioni che organizza il Pd e poi ce ne sono altre organizzate da movimenti. In questo caso il nostro approccio -ha puntualizzato Bersani- e quello di verificare se ci sono parole d'ordine compatibili e allora non c'è nessun problema al fatto se partecipano cittadini e militanti. Quella manifestazione ha avuto mutazioni complesse: vedremo".

Ribadito che non c'è ostilità verso nessuno, Bersani ha sottolineato che "facciamo le nostre cose cercando di non essere speculari al tema 'Berlusconi sì Berlusconi nò, non possiamo stare semplicemente su una strada segnata da altri, dobbiamo averne una nostra pur essendo amichevoli verso tutti".

24 novembre 2009

 

 

 

 

Il premier nervoso minaccia "Parlerò io agli italiani"

di Ninni Andriolotutti gli articoli dell'autore

"Nulla di meno che quieto - assicura Berlusconi - niente di preoccupante". Governo sotto controllo, quindi? Non proprio. Rientrato a Roma dall’Arabia e dal Qatar il premier dovrà fare i conti con il malessere che monta tra i ministri e con l’iter del "processo breve" che dovrebbe bloccare i suoi processi milanesi. Ad innervosirlo, ieri mattina, l’intervista di Ciampi alla Repubblica e l’invito dell’ex Capo dello Stato: "non si promulghino" nuove leggi ad personam. Una presa di posizione che i consueti sospetti del Cavaliere non possono non collegare ad uno stop indiretto del Colle. Da Doha, in ogni caso, ieri è partito l’avvertimento e l’implicita risposta a Ciampi. Con Berlusconi che si rifiutava di rispondere alle domande sulla giustizia, ma annunciava che "al momento opportuno" avrebbe spiegato agli italiani "qual è la situazione in cui siamo". Un "mi rivolgerò al popolo contro chi si mette di traverso" abbastanza esplicito, in sostanza. Che, pronunciato ieri, gettava nuova luce sulle indiscrezioni già rimbalzate sulla stampa a proposito di messaggi sulla giustizia. L’intenzione del Cavaliere è quella di affrontare i temi della giustizia rivolgendosi al Paese, dall’Aula del Senato o via Tv. Gli esperti Pdl, tra l’altro, lavorano a una manovra articolata. "Stiamo cercando di portare avanti una riforma complessiva - ha spiegato ieri il senatore Quagliariello - Riguarderà, tra l’altro, il processo penale, i metodi di elezione del Csm, i tempi dei processi e proposte di rango costituzionale". L’iter parlamentare del "processo breve", che interessa al premier in relazione ai procedimenti milanesi, quindi, è solo un aspetto del problema. Berlusconi vuole, in realtà, una resa dei conti definitiva con le procure, qualcosa che chiarisca - a modo suo, naturalmente - i rapporti politica-magistratura. Il Cavaliere scommetterà "la faccia" su questo progetto.

"O io o Brunetta"

Berlusconi, però, rientrato in Italia in serata dal suo tour in Arabia, ha trovato ad attenderlo anche gli strascichi del caso Brunetta. Ieri, da Doha, aveva cercato di retrocedere "l’esternazione" anti-Tremonti del titolare della Pubblica Amministrazione al rango di normale "dialettica" tra ministri che, tuttavia, "sarebbe meglio" mantenere "interna" al governo. Berlusconi, in realtà, è irritatissimo. In visita di Stato lontano dall’Italia, infatti, è stato costretto a fare i conti con le polemiche che avrebbe preferito "lasciare a Roma" e con i fuochi d’artificio provocati dall’intervista del suo ministro. Tremonti avrebbe chiesto anche il dimissionamento di Brunetta. Una sorta di "o io o lui" caricato come ultimatum sulle spalle dell’inquilino di Palazzo Chigi. E la contesa ha portato l’opposizione a sostenere che nella maggioranza siamo "al tutti contro tutti". "La maggioranza è bloccata e non riesce nemmeno ad implodere", commenta il Pd, Enrico Letta. All’opposizione "non rispondo mai" taglia corto il premier. Domenica, attraverso Bonaiuti, aveva difeso Tremonti prendendo, come ieri, le distanze da Brunetta. Nelle stesse ore, però, alcuni ministri hanno ripetuto - nella sostanza - i concetti esposti - a modo suo - dal ministro per la Pubblica Amministrazione, mettendo il dito nella piaga della politica della cinghia stretta imposta da Tremonti. "In Finanziaria chiederò più fondi per la giustizia", prometteva Alfano. Serve "una svolta" - faceva eco Scajola - bisogna "decidere collegialmente".

24 novembre 2009

 

 

 

 

Il Csm conferma i dati dell'Anm: col processo breve a rischio il 40% dei processi

Il ministro Alfano aveva parlato di rischi per l'1% dei processi con le norme che vorrebbe Berlusconi. E aveva detto che su questo dato nessuno lo poteva contestare. Ma la realtà sembra molto meno rosea. Anche il Consiglio superiore della magistratura conferma i dati dell'Associazione magistrati, parlando di un 40% di procedimenti a rischio se il ddl venisse varato così come è.

"Con il processo breve verrebbero cancellati tra il 10 e il 40 per cento dei dibattimenti". Non solo. Quasi la metà dei processi civili (47%) saranno toccati, in alcune aree del paese. Particolarmente rischiose per i procedimenti toccati dal ''giudizio breve'' saranno le udienze preliminari: ''Possono durare anche da sei mesi a un anno e mezzo e questa lunghezza sottrae tempo prezioso al dibattimento breve che deve durare due anni dalla richiesta di rinvio a giudizio fino alla sentenza'', e' la spiegazione di Ezia Maccora, che in questi giorni ha ascoltato le relazioni di tutti gli uffici giudiziari d'Italia relative al processo breve.

''Anche in tribunali virtuosi come quello di Torino - spiega ancora Maccora - la trasmissione puo' durare tra i nove mesi e un anno e mezzo, visto che l'organizzazione dell'ufficio ha scelto di impiegare la maggior parte del personale nella gestione dei processi veri e propri''. Visti i dati, ecco il monito del vicepresidente Mancino: "Il processo sia non solo breve, ma anche giusto".

L'associazione nazionale dei magistrati, molto critica sull'ipotesi di una riforma della giustizia imperniata sul "processo breve", aveva sostenuto più o meno la stessa cosa. Se la riforma andasse in porto nei termini in cui se ne è parlato a rischio prescrizione sarebbero non l'1% ma il 20-30% dei processi, con punte del 50% a Roma Bologna e Torino. A Firenze, Napoli e Palermo, l'estinzione riguarderà una percentuale di procedimenti compresa tra il 20 e il 30 per cento.

"Eccoli -si legge in una nota- i numeri che il ministro ritiene che l'Anm non possieda: Roma, Bologna e Torino oltre il 50%, Firenze, Napoli e Palermo, tra il 20 e il 30%. Sono queste -si spiega- le percentuali dei procedimenti in fase di udienza preliminare e dei dibattimenti in primo grado già prescritti, o dei quali sarebbe imminente la prescrizione, in caso di entrata in vigore del ddl sul processo breve".

Dati che smentiscono "clamorosamente le rosee previsioni" del ministro Alfano, che alla Camera aveva parlato dell'1% della prescrizione dei procedimenti interessati dal ddl. Una rilevazione, si precisa, compiuta nei tribunali capoluogo dei maggiori distretti. L'Anm sottolinea come "sebbene si tratti dei primi dati comunicati dagli uffici giudiziari, sono calcolati su un campione particolarmente significativo e rappresentativo, poichè provengono dai Tribunali delle grandi città".

Il sindacato delle toghe ora si aspetta "una discussione serena ma informata, che si estenda anche alla legge finanziaria e alle residue possibilità di prevedere risorse e stanziamenti adeguati al rilancio della giustizia".

La stima dell'Anm è stata contestata dal ministro: "Ma stiamo scherzando? Invito l'Anm a "non giocare con le parole e neanche con i numeri, e dunque a chiarire bene i termini della questione".

Che si vada verso una nuova polemica si capisce dalle parole di Daniele Capezzone, intervenuto alla velocità della luce: "L'Anm dà i numeri, e sembra di stare alle estrazioni del superanalotto. Se non parlassimo di un comportamento grave e irrituale, ci sarebbe perfino da sorridere di questa ennesima sortita, che avrà un solo effetto: quello di rendere ancora più scarsa la credibilità della magistratura presso i cittadini. È davvero avvilente che ci si trovi dinanzi a comportamenti di questo genere: ancora deve iniziare l'iter parlamentare di un provvedimento, e le Camere (e gli italiani) devono assistere a queste performances politiche di un pugno di magistrati".

Opposto il parere del Pd. "I dati resi noti dall'Anm sulle conseguenze del ddl sul processo breve dimostrano la

superficialità e la parzialità del ministro Alfano che ha ridicolizzato l'istituto del question time rispondendo alla nostra

interrogazione in parlamento con risposte generiche e approssimative". Lo dice Donatella Ferranti, capogruppo del Pd nella

commissione Giustizia di Montecitorio, la quale ricorda che "alla Camera replicando all'interrogazione del Pd Alfano ha parlato del taglio dell'1% dei processi pendenti".

"Ci chiediamo ora - continua Ferranti - che attendibilità può avere un ministro della Giustizia che confeziona le risposte ai quesiti dell'opposizione secondo le opportunità della sua parte politica. Alfano inoltre continua a promettere interventi a sostegno del sistema giudiziario ma i fatti lo smentiscono ogni giorno: oggi apprendiamo che nonostante i suoi appelli, la maggioranza non lo

ascolta affatto. La prossima manovra finanziaria, infatti, prevede tagli di circa 350 milioni di euro al suo ministero: un vero disastro

-conclude l'esponente del Pd- per procure e tribunali che saranno costretti alla paralisi organizzativa".

23 novembre 2009

 

 

 

 

Il "fattore Spatuzza" agita il premier

di Susanna Turcotutti gli articoli dell'autore

Il ddl sul processo breve è ai blocchi di partenza al Senato, la maggioranza vuole approvarlo prima di Natale, l’opposizione protesta, Alfano litiga coi magistrati sul numero dei processi che salterebbero. Tuttavia, per la verità, mentre grande è il clamore che si fa intorno all’ennesima nave ad personam per salvare il Cav dai suoi processi, nel centrodestra da Berlusconi in giù si discute di tutt’altro. Digerita più o meno volentieri la prospettiva di votare l’ennesima micro-macro modifica del codice, infatti, è ben altra la preoccupazione che occupa le menti dei componenti la maggioranza, ai livelli bassi come a quelli alti. "Il processo breve che interessa tanto voi giornalisti rischia di essere superato dai fatti: a noi sta molto più a cuore la tegola che potrebbe arrivare sul premier", sintetizzano ai piani alti del Pdl.

La "tegola" sarebbe la possibile concretizzazione delle vociferate novità in arrivo dalle procure di Firenze e Caltanissetta, quelle che indagano sulle stragi di mafia del ’93-’94. Ciò che insomma, nei corridoi di Montecitorio chiamano per brevità il "fattore Spatuzza", con riferimento al pentito che punta il dito sul premier e che sarà sentito il 4 dicembre. Indiscrezioni e voci, segnale eloquente, avvolgono persino i giornali di centrodestra. In varia forma dialettica. Irridente il "Giornale": "Scoppierà un nuovo presunto scandalo. Ve lo anticipiamo. Berlusconi è mafioso e responsabile delle stragi degli inizi degli anni Novanta". Dietrologista "Libero", che pur "senza prove" "scommette" sulla "già avvenuta" iscrizione tra gli indagati del premier e di Dell’Utri e si chiede: "Quando e perché verrà fatta trapelare l’indiscrezione?". Definitivo per calembour il Foglio: "Come difendersi da uno Spatuzza che darà di mafioso a Berlusconi?". Si capisce così perché, nei corridoi di Palazzo sommersi di voci, si dia per inutilmente acquisito il ddl sul processo breve. "È chiaro", spiega una gola profonda, "che tutto lo sforzo di bloccare il processo Mills allo scopo di garantire a Berlusconi la presentabilità internazionale non servirebbe più a nulla". Perché "se è "impresentabile" un premier condannato in primo grado per corruzione, cosa potrebbe essere di un leader indagato per legami più o meno stretti con la mafia?". L’aggravante, vista con gli occhi del Cav, è peraltro che questa evenienza sarebbe inaggirabile per via legislativa. Di qui l’idea di "parlare agli italiani". Allo scopo di fare per via politica ciò che non gli riesce per legge: ritrovare l’unanimità per andare avanti. Del resto, una specie di mozione anti-magistratura su cui far esprimere il Parlamento era tra le bozze circolate nel bailamme di qualche settimana fa. Ora, dicono, il Cavaliere potrebbe anche ritirarla fuori. E magari, proprio su questo, eseguire la famosa conta su chi sta con lui e chi no.

24 novembre 2009

 

 

 

 

 

2009-11-19

Il presidente Napolitano: "In Parlamento vedo grosse difficoltà"

"È chiaro che oggi ci sono in Parlamento grosse difficoltà", ha detto il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, rispondendo ad alcune domande dei giornalisti prima di ripartire per il Quirinale. Lo ha detto riaffermando la centralità del Parlamento e premettendo che una valutazione sul lavoro parlamentare spetta a osservatori, commentatori "e anche al presidente della Repubblica, con le cautele dovute".

"Io rispetto - ha precisato Napolitano - l'autonomia del Parlamento, le difficoltà che incontrano i presidenti delle assemblee parlamentari per farle funzionare e per rendere il lavoro più efficace e spedito, ma con la massima attenzione per tutti i diritti della minoranza e per tutte le proposte delle opposizioni. È chiaro che oggi ci sono grosse difficoltà in questo senso". Le difficoltà, ha aggiunto Napolitano, riguardano anche "l'operosità, la densità e la bontà dei prodotti legislativi. Mi riservo di intervenire ancora su questo tema", ha concluso.

Sulle riforme "non so se ci siano novità, mi sembra che qualcosa si muova", ha detto il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, rispondendo alle domande dei giornalisti che gli hanno chiesto di fare un bilancio di metà settennato, un traguardo toccato proprio in questi giorni. "La democrazia dell'alternanza - ha detto - resta la mia linea guida".

19 novembre 2009

il SOLE 24 ORE

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2009-11-24

Fini: "Il processo breve non

è la riforma della giustiza"

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24 novembre 2009

Gianfranco Fini

PILLOLA POLITICA

Sulle riforme con Violante il Pd gioca la carta del dialogo

di Emilia Patta

"Dai nostri archivi"

Fini: "Esclusa l'ipotesi prescrizione breve"

Sulla giustizia Schifani e Mancino invitano ad abbassare i toni

Giustizia: in settimana il Pdl decide sulle riforme

PILLOLA POLITICA /Fini-Berlusconi: il patto onorevole sulla giustizia e le distanze sul Pdl

Il nodo giustizia: da Fini via libera "condizionato"

"Questa non è la riforma della giustizia, non mescoliamo questioni che stanno su piani diversi". Così il presidente della Camera Gianfranco Fini, nel corso di un dibattito sul suo libro "il futuro della libertà", risponde a una domanda del direttore del Corriere della Sera Ferruccio de Bortoli sul ddl sul processo breve che ha iniziato oggi il suo iter in commissione giustizia del Senato.

"Faccio l'invito sommesso di non mescolare questioni che inevitabilmente vanno tenute su piani diversi - ha detto Fini -. Si può discutere sulla bontà dell'impianto del ddl. Non credo che si possa discutere che l'Italia é stata condannata più volte in sede europea per i tempi eccessivi dei processi, così come é giusto dire che ci devono essere le risorse per garantire i tempi certi".

Fini sottolinea che "la riforma della giustizia é relativa alla riorganizzazione della magistratura, al rapporto tra i poteri che la Costituzione prevede, deve riguardare l'autogoverno della magistratura, tutte questioni che possono anche verificare forti divergenze, ma non c'entrano nulla con quello di cui stiamo discutendo attualmente. Non facciamo confusione".

"Bisogna affrontare il tema delle riforme e mi chiedo: è sbagliato dire se sono condivise meglio?" ha detto il presidente della Camera. "La bozza Violante - ha spiegato Fini ricordando la proposta avanzata la scorsa legislatura per la riforma del Parlamento - potrebbe essere votata all' unanimità alla Camera e al Senato e in poche settimane diventare legge dello stato".

24 novembre 2009

 

 

 

 

 

 

Sulle riforme con Violante il Pd gioca la carta del dialogo

di Emilia Patta

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24 novembre 2009

Luciano Violante (Marco Merlini / LaPresse)

"Dai nostri archivi"

Fini: "Il processo breve non è la riforma della giustiza"

In Senato prove di dialogo bipartisan

IL PUNTO / La debolezza del Pd: sceglie un leader, non un candidato premier

IL PUNTO / La sfida politica di Bersani comincia domani. Con tutte le sue insidie

IL PUNTO / La debolezza del Pd: sceglie un leader, non un candidato premier

Una segreteria molto giovane (età media 41 anni) di cui sarà responsabile il presidente della provincia di Roma Maurizio Gasbarra. E un grande ritorno ai vertici del Pd: Luciano Violante, ex presidente della Camera e candidato "sfortunato" alla Consulta, sarà il responsabile del partito per le riforme.

Il neo segretario Pierluigi Bersani ha fatto così le sue scelte sugli organigrammi del partito e ha voluto dare alcuni chiari segnali. Il rinnovamento generazionale, innanzitutto, non è bandiera da lasciare ai veltroniani. Con la carta Violante viene poi mandato un forte messaggio di dialogo alla maggioranza: giustizia e leggi ad personam a parte, i democratici sulle riforme istituzionali ci sono. E ci sono con un nome sempre evocato quando si parla di forma di governo: quello appunto di Violante, autore nella scorsa legislatura della "bozza" che porta il suo nome e che ancora adesso è base condivisa e riconosciuta di discussione in materia di riforme.

Riparte il dialogo in Senato

Più poteri al premier, Senato federale con la conseguente fine del bicameralismo perfetto, riduzione del numero dei parlamentari. Da qui, non a caso, riparte il dialogo in Senato con la discussione di una mozione bipartisan il 2 dicembre prossimo. Tre giorni prima della manifestazione anti Cavaliere "No B day" organizzata dall'Idv di Di Pietro e alla quale il Pd non partecipa ufficialmente, anche se ieri Bersani ha voluto lasciare libertà di partecipazione ai suoi.

Chiara dunque la volontà di distinguere il profilo dell'opposizione democratica da quella dipietrista. L'antiberlusconismo è solo un favore a Berlusconi, ha ricordato Bersani nel corso della direzione in cui sono state annunciate le nuove nomine. "Berlusconi sceglie la giustizia come tema centrale dell'agenda non solo per difendersi dai processi ma anche per tenere in canna la pallottola del "Berlusconi sì-Berlusconi no" – ha detto il segretario –. Questo Paese ha diritto di discutere di altri temi e noi dobbiano cercare di non essere spculari all'agenda che vuole lo stesso Berlusconi. Altrimenti gli si fa un favore".

La risposta è appunto un uomo come Violante alle riforme. E l'11 e 12 dicembre, una settimana dopo il "No B day" di Di Pietro, l'iniziativa dal nome "Mille piazze per l'alternativa". "Per parlare dei problemi nostri, di tutti gli italiani, invece che sempre dei suoi".

24 novembre 2009

 

 

 

 

 

2009-11-23

Spataro: inutile processo breve

Il Pdl: campagna di menzogne

Armando Spataro (Ansa)

"Dai nostri archivi"

Caso Abu Omar, l'accusa chiede condanna a 13 anni per l'ex direttore del Sismi Pollari

Pronto ddl sul processo breve Protestano i magistrati

Inchiesta sulle "ronde nere"Maroni: noi andiamo avanti

Terrorismo al Cinema: le vittime, lo stop di Milano non basta

Mancini: grazie a noi nessun attentato. Farina confessa

Il disegno di legge sul processo breve è inutile e in alcuni suoi punti sembra ispirato "da logica aziendale". Così si è espresso il procuratore aggiunto di Milano Armando Spataro, domenica durante la trasmissione "In mezz'ora" di Lucia Annunziata, e nel centrodestra è scoppiata la polemica. Il pm milanese, che ha condotto le indagini sul rapimento di Abu Omar ottenendo la condanna degli agenti della Cia, si riferiva in particolare alla norma che prevede la separazione tra pm e polizia giudiziaria e alla frase per cui la separazione è necessaria "per creare i presupposti di una maggiore concorrenza e controllo reciproci". A volte, ha aggiunto "mi chiedo chi l'abbia scritta, magari è anche un magistrato, ma spero di no". Chi ha scritto la frase, secondo il pm, ha "trasferito la logica aziendale nei rapporti tra pubblico ministero e polizia giudiziaria".

Le reazioni

Per il presidente dei senatori del Pdl, Maurizio Gasparri "Spataro, dopo le performance di Ingroia, rende ancora più intensa la campagna a base di menzogne della sinistra giudiziaria". Durissimo il ministro della Cultura, Sandro Bondi: "Non c'è un solo paese al mondo, neppure quelli più lontani dalla democrazia, in cui un magistrato può dire pubblicamente quello che ha detto oggi Spataro".

 

 

 

 

 

2009-11-19

Alfano: il processo breve influirà sull'1% dei procedimenti

19 novembre 2009

Angelino Alfano (Mauro Scrobogna / LaPresse)

Di Pietro: Alfano mente. Faccia il ministro non l'avvocato di Berlusconi

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"Dai nostri archivi"

Di Pietro: Alfano mente. Faccia il ministro non l'avvocato di Berlusconi

Giustizia: due anni dal rinvio a giudizio per la prescrizione

Il nuovo "scudo" per il premier allo studio

Processo breve, Schifani: "Testo da migliorare in Aula"

Csm: il salva processi è un'amnistia occulta. Blocca la metà dei procedimenti

"Senza pretese di definitività e di assolutezza, si può stimare che i procedimenti che si prescriveranno saranno contenuti in una percentuale collocata attorno all'1 per cento del totale dei procedimenti penali oggi pendenti in Italia, senza calcolare l'incidenza delle assoluzioni. Si può sin da ora desumere un impatto molto, molto meno traumatico rispetto a quello da più parti, forse troppo enfaticamente certamente in modo intempestivo, ipotizzato". Lo ha affermato il ministro della Giustizia Angelino Alfano, rispondendo al Question time della Camera ad interrogazioni sugli effeti che potrebbe determinare il ddl sul processo breve una volta approvato.

"Il disegno di legge -ha sottolineato il Guardasigilli- soddisfa da un lato l'aspettativa dell'imputato a che il processo si concluda entro un tempo ragionevole; dall'altro quello dell'apparato giudiziale e della societá civile ad ottenere un giustizia finalmente effettiva. Per tali ragioni il diritto dell'imputato a non restare sotto la soggezione del processo per un periodo di tempo troppo lungo può essere pienamente soddisfatto prevedendo ex lege termini di durata massima dei diversi gradi di giudizio, il cui superamento obbliga il giudice della fase a pronunciare una sentenza di non doversi procedere".

"Questa fondamentale esigenza di garanzia e di civilità è stata avvertita anche nel corso della precedente legislatura, allorquando il Governo Prodi istituì il 27 luglio del 2006 una commissione, dando mandato di introdurre nel codice di procedura penale l'istituto della prescrizione processuale, al fine di determinare precisi di tempi di durata del processo in linea con il principio costituzionale della sua ragionevole durata. E l'introduzione di termini di durata massima dei diversi gradi di giudizio e la previsione dell'improcedibilità del processo per violazione di tali termini, era stata prevista in tre disegni di legge presentati nella quattordicesima e quindicesima legislatura dai senatori Fassone, Ayala, Brutti, Calvi, Maritati ed anche un altro dello stesso senatore Brutti e della Finocchiaro".

"Assicuro -ha detto ancora Alfano- che tutti gli spunti che perverranno in Parlamento per il miglioramento del testo saranno accolti, ma come Governo riteniamo che 6 anni per un processo penale più le indagini, cioè circa 8 anni, è un tempo sufficiente per tenere un cittadino sotto la giurisdizione dello Stato".

Tornando all'impatto sui processi in corso che potrebbe determinare il disegno di legge una volta approvato, Alfano ha ricordato che "alla data del 31 dicembre 2008 risultavano pendenti al dibattimento di primo grado 391.917 processi, di cui circa 94mila da oltre due anni, pari circa al 24 per cento. A questo numero deve essere sottratto il dato relativo ai recidivi, poichè dal casellario giudiziario risulta che l'incidenza percentuale della recidiva è stimabile nella misura del 45% dei soggetti condannati".

"Occorre poi escludere ulteriormente tutti i procedimenti per reati per i quali la normativa non risulta applicabile: è questo uno dei passaggi più delicati considerato che la variegata vastitá delle eccezioni previste dalla normativa non consente di effettuare valutazioni definitive sulla base dei dati disponibili, ma rende necessario un approfondimento che possa riferirsi almeno ad un campione sufficientemente rappresentativo della tipologia di processi attualmente in fase dibattimentale. Tale campione è allo studio della Direzione generale della statistica in piena e fattiva collaborazione con il Csm".

19 novembre 2009

 

 

 

 

Di Pietro: Alfano mente. Faccia il ministro non l'avvocato di Berlusconi

19 novembre 2009

"Dai nostri archivi"

Alfano: il processo breve influirà sull'1% dei procedimenti

Alfano riparte dagli avvocati

Referendum sul lodo Alfano Di Pietro presenta il quesito

Berlusconi: "Al via un piano straordinario contro la criminalità"

Ordini, piace la riforma a blocchi

"In un Paese civile, in uno Stato di diritto, il ministro Alfano non può permettersi di mentire. Dire parole come queste è un vero e proprio peccato mortale. Perché è falso affermare che con queste nuove norme solo l'un per cento dei processi andrebbe a risentirne". Lo afferma il leader dell'Italia dei Valori, Antonio Di Pietro, commentando le dichiarazioni del ministro della Giustizia, Angelino Alfano.

"Infatti non è vero sia in termini qualitativi che quantitativi. Il problema non è quanti processi andrebbero estinti, ma quali andrebbero prescritti. Guarda caso, sono i processi riguardanti i colletti bianchi, gli evasori fiscali e i corruttori e poi, se pure fosse vero che solo l'un per cento andrebbe prescritto, ciò smentirebbe la necessitá di questa legge, che servirebbe solo a pochissimi, anzi ad uno solo: Silvio Berlusconi", sottolinea.

"Il ministro Alfano, invece di continuare a fare l'avvocato di Silvio Berlusconi, faccia il ministro della Giustizia e spieghi chiaramente e apertamente agli italiani perchè bisogna fare urgentemente questa riforma se serve solo all'uno per cento dei casi e, in particolare, a Silvio Berlusconi", conclude Di Pietro.

19 novembre 2009

 

 

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