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Caso Aig,

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Caso Aig, la Camera Usa vota imposta

del 90% sul valore dei premi

19 marzo 2009

Arriva la tassa sui bonus delle aziende che hanno ricevuto aiuti di stato. Lo scandalo dei premi ad Aig ha dato i suoi primi "frutti" sul fronte legislativo. La Camera ha approvato una legge che stabilisce un'imposta sul 90% dell'imponibile dei premi ai manager di imprese che hanno incassato più 5 miliardi di dollari dal Tarp (Troubled Asset Relief Program). Più Fannie Mae e Freddy Mac.

La votazione, ovviamente, non significa che la legge diventa immediatamente operativa. Infatti è richiesta anche l'approvazione del Senato il quale sta lavorando ad un suo progetto normativo. Tuttavia, dopo le polemiche sui bonus di Aig, il messaggio lanciato dal legislatore americano è molto chiaro. Chi ha ricevuto i soldi dei contribuenti americani non può pretendere bonus milionari dopo, peraltro, avere in qualche modo contribuito al collasso delle stesse aziende salvatate.

Riguardo al peso della tassa (90% dell'imponibile) il democratico Charles Rangel ha motivato la decisione affermando "che riteniamo che gli stati e le autorità locali si occuperanno del rimanente 10%".

In giornata, nel frattempo, l'executive di Aig che ha incassato il bonus più elevato da 6,4 milioni di dollari, Douglas Poling, ha restituito il suo premio. Il 48enne Poling, ha scritto il Wall Street Journal, è un ex manager di Ford e uno dei 418 dipendenti ed ex dipendenti del colosso assicurativo (salvato dal fallimento grazie a un'iniezione di aiuti pubblici da oltre 170 miliardi di dollari) finiti in una vera e propria tempesta per avere incassato bonus per un totale di 165 milioni di dollari.

E sempre in giornata Neil Barofsky, il procuratore nominato ispettore generale del piano di salvataggio del settore finanziario Usa, ha fatto sapere di avere avviato un'inchiesta sul pagamento dei bonus Aig. L'indagine riguarderà anche il ruolo del Tesoro Usa, che ha autorizzato i pagamenti. Agiremo "in modo aggressivo per restituire i soldi ai contribuenti", ha dichiarato Barofsky.

"Dalle informazioni preliminari di cui disponiamo - ha spiegato l'ispettore durante un'audizione al Congresso - ricaviamo che il contratto basato sul Tarp (Troubled Asset Relief Program) tra il Tesoro e Aig, entrato in vigore a novembre, contemplava il pagamento di bonus ai dipendenti di Aig, inclusi i partner senior". Barofsky - al lavoro con il Dipartimento della Giustizia e con il procuratore generale dello Stato di New York Andrew Cuomo - ha anche detto che il suo ufficio visionerà gli atti in riferimento alla "decisione del Tesoro di autorizzare e approvare questi pagamenti".

Lo scandalo non risparmia neppure la Federal Reserve, ovvero la banca centrale degli Stati Uniti. Oggi il Washington Post ha scritto che La Fed era al corrente da tre mesi dei bonus che Aig intendeva versare ai propri dipendenti ma non ha avvertito per tempo né la Casa Bianca né il Tesoro. Secondo il quotidiano il colosso assicurativo aveva informato la Banca centrale americana che avrebbe versato il 15 marzo circa 165 milioni di dollari ad alcuni dei suoi manager della divisione finanziaria.

Il segretario al Tesoro, Timothy Geithner, ha assicurato di non essere stato informato né dell'ammontare dei premi né della data del pagamento. "Ero stupefatto quando ho appreso", ha spiegato Geithner al Washington Post. "Non avrei dovuto mai trovarmi in questa situazione, ma ne accetto le responsabilità".

Il ministro e i suoi collaboratori hanno esaminato i fatti e concluso che il Governo non poteva cambiare dei contratti già firmati: Geithner - secondo il quotidiano - ha poi informato un consigliere della Casa Bianca che ha riportato, il 12 marzo scorso, le informazioni al presidente Barack Obama, ma soltanto alla vigilia dei versamenti dei bonus. Ovvero, a frittata ormai fatta. (Al.An.)

19 marzo 2009

 

 

 

 

Economia, tra avidità e regole

i perché di una recessione

di Alberto Annicchiarico e Vittorio Carlini

18 marzo 2009

I super bonus ai manager di Aig? "Un oltraggio" li ha definiti Barack Obama che li vuole bloccare. Il presidente Usa ha mandato un messaggio chiaro: chi, per fronteggiare i disastri di bilancio, ha ricevuto denari pubblici non può pretendere premi milionari. Il presidente di Aig Edward Liddy però, pur definendo le gratifiche " ripugnanti", ha sostenuto l'obbligo legale di pagare i premi. Sempre più forte, insomma, è la polemica sulle degenerazioni del mondo della finanza. Quelle degenerazioni fotografate, nel 1987, dal film "Wall Street" di Oliver Stone. Il Sole24Ore.com ha intervistato sul tema, partendo da battute celebri della pellicola, alcuni protagonisti italiani della finanza ed economia: Giovanni Tamburi, presidente di Tip; Gianfranco Lanci, ceo mondiale del colosso dei pc Acer; Rony Hamaui, esperto di mercati monetari internazionali; Gregorio De Felice, presidente degli analisti finanziari italiani, Paolo Colonna, del fondo private equity Permira.

 

Crisi finanziaria: meno avidità,

più regole precise e efficaci

di Alberto Annicchiarico e Vittorio Carlini

18 marzo 2009

"L'avidità è valida (…) chiarifica, penetra e cattura l'essenza dello spirito evoluitivo". È una delle battute del film "Wall Street" del 1987, diretto da Oliver Stone e interpretato da Martin Sheen e Michael Douglas. Una frase drammaticamente attuale. E allora: la "bramosia di denaro" è davvero una delle cause profonde della crisi partita dalla finanza?

"Il problema è complesso – risponde Rony Hamaui, docente di mercati monetari internazionali alla Cattolica – Adam Smith ci ha spiegato come l'interesse del macellaio si scontra con quello del fruttivendolo, mettendo in moto il meccanismo del capitalismo che genera ricchezza. L'uomo cerca il massimo dell'utilità personale e, in sé, questo non è un male. Però, bisogna porre dei limiti all'agire dei singoli. Con una regolamentazione vhr dev'essere precisa, snella e efficace. Non burocratica come, per esempio, nel caso della Mifid: un sistema nato per tutelare il risparmiatore che, alla fine, dopo avere fatto firmare al singolo una montagna di carta serve di più alla banca".

Un discorso condiviso da Gianfranco Lanci, ceo mondiale del colosso dei pc Acer: "Non è solo l'avidità. Il sistema finanziario ha generato ricchezza dalla carta. Provocatoriamente: è stata creata moneta di scarsa qualità. Un risultato che è conseguenza di troppo pochi, e poco efficienti, controlli".

Diversa l'opinione di Giovanni Tamburi, importante banchiere d'affari, che sottolinea: "L'avidità da sempre è uno dei guai peggiori dell'umanità". Come dire, insomma, che la spinta a ricercare l'utilità, come sottolineava il filosofo inglese Jeremy Bentham, è innata nell'uomo. Ma il rischio che le azioni "felici" (l'utilità per la collettività) siano sopraffatte dalle cattive azioni (utilità per il singolo) è sempre dietro l'angolo.

Più netto il giudizio di Paolo Colonna, partner del fondo di private equity Permira: "Purtroppo sì, sono convinto che una delle tante concause di questa situazione disastrosa a livello finanziario e industriale sia stata l'avidità o bramosia. In cosa? Fondamentalmente le modalità di incentivazione del top management - e relativa carenza di governance - di alcune grandi merchant bank internazionali". Ma un ruolo importante, conclude Colonna, lo hanno giocato anche "lo scollamento tra importanti bonus, in genere annuali, collegati ai risultati a breve e i risultati delle attività di medio/lungo periodo". Una doppia velocità che "ha portato a credito facile in cambio di alte fees, a politiche di guadagni immediati in cambio di alti rischi futuri".

Dal canto suo, Gregorio De Felice, presidente dell'Aiaf (Associazione italiana analisti finanziari) osserva che "l'incredibile vicenda dei manager di Aig è sintomatica degli aspetti paradossali di questa crisi finanziaria". Il mondo è cambiato, eppure "c'è chi fa finta di nulla". Continua De Felice: "Le investment bank americane hanno chiuso o sono passate di mano; la capitalizzazione borsistica delle grandi banche Usa ha raggiunto i livelli delle banche regionali italiane; il sistema finanziario è in larga parte nazionalizzato. Chi è stato tra i protagonisti di questo disastro, con perdite pari al 15% delle perdite sinora dichiarate nel mondo, addirittura chiede e pretende un bonus". Infine un riferimento cinematografico, ma non è "Wall Street": "Credo che questo episodio passerà alla storia come la fotografia di questa crisi, come l'orchestrina che suona sul Titanic che affonda".

Vittorio.Carlini@ilsole24ore.com

A.Annicchiarico@ilsole24ore.com

 

Turbo-capitalismo e finanza,

così si manipola la democrazia

di Alberto Annicchiarico e Vittorio Carlini

18 marzo 2009

"Non sarai tanto ingenuo da credere che viviamo in una democrazia, vero Buddy? È il libero mercato e tu ne fai parte". È una frase forse a un po' a effetto, ma certamente molto dura e non lontana dalla realtà detta da Michael Douglas, il finanziere pirata Gordon Gekko, al suo giovane apprendista nel film Wall Street. Un'affermazione che fa riflettere sulla reale compatibilità tra il cosiddetto "turbo-capitalismo" finanziario e l'essenza stessa della democrazia.

A prima vista - è il commento del presidente dell'Aiaf, Gregorio De Felice - potremmo definirla la dittatura del libero mercato. Come si poteva restarne fuori? Quali categorie di operatori non sono sul banco degli imputati? Forse non c'è stata neanche piena consapevolezza di quello che si stava creando, ma il sistema del credito facile si è autoalimentato perché tutti avevano il loro tornaconto, dai policy makers alle agenzie di rating, dai repubblicani ai democratici, dai promotori del liberismo a chi voleva dare la casa a ogni cittadino americano. Questo è stato il meccanismo perverso del "turbo-capitalismo" finanziario".

"Credo nella supremazia della democrazia e dei valori fondamentali su qualunque forma finanziaria o industriale - taglia corto Paolo Colonna, partner del fondo Permira - e credo nell'imprenditorialità, nella libera iniziativa e nel minor coinvolgimento possibile degli Stati nazionali. Tuttavia metto al primo posto la necessità del controllo, nelle forme più adatte e in rappresentanza dei diversi stakeholders, da parte degli azionisti e delle istituzioni nazionali e, soprattutto, internazionali.

Secondo Rony Hamaui, docente di mercati monetari internazionali alla Cattolica, dice: "Non vedo una contraddizione tra il capitalismo e il concetto di democrazia. Il capitalismo, basta pensare alla creazione dello stato moderno in Europa che va di pari passo con la rivoluzione industriale, nasce e si sviluppa con le forme di democrazia come noi le conosciamo oggi". Certo, non mancano le zone grigie, "dove solo lo Stato può assurgere a soggetto di garanzia". Un esempio per tutti: i fondi pensione. "Fino a poco tempo fa erano considerati come una sorta di soluzione ottimale al tema della previdenza. Oggi, negli Stati Uniti, ci sono milioni di persone che hanno visto, a causa del crollo dei mercati, la loro pensione evaporare. Qui l'autosufficienza del sistema capitalistico mostra il fianco. Gli "animal-spirit" devono essere limitati e controllati".

Più problematica la considerazione del banchiere Giovanni Tamburi: "Gli eccessi nei guadagni raggiungibili in certe corporation - dice - hanno certamente avuto un impatto sui rispettivi governi e, di conseguenza, sul tipo di democrazia che stiamo vivendo. Le responsabilità sono da ricercare, principalmente, tra soggetti diversi quali sono regolatori, politici, banche centrali e società di rating". Insomma, la finanza non è poi una semplice sovrastruttura e può incidere anche sulle forme di governo.

Vittorio.Carlini@ilsole24ore.com

A.Annicchiarico@ilsole24ore.com

 

 

La crisi si può ripetere?

"Sì, non impariamo dalla storia"

di Alberto Annichiarico e Vittorio Carlini

18 marzo 2009

Le evoluzioni di Gordon Gekko in "Wall Street" risalgono a circa vent'anni fa. Il film, infatti, uscì sugli schermi nel 1987, poco prima dello storico crollo della Borsa della "strada del muro". Il tema è comunque di un'attualità impressionante. Usciti dalla crisi, se e come si vedrà, ci troveremo, magari tra vent'anni, ad affrontare gli stessi problemi?

La risposta di Rony Hamaui, docente di mercati monetari internazionali alla Cattolica è lapidaria: "Purtroppo ci troveremo ad analizzare e discutere, se non proprio degli stessi, di problemi e temi simili. Al di là del fatto che le crisi economiche sono cicliche la storia ci insegna molto ma non abbastanza". E noi non impariamo a sufficienza.

 

Più ottimista, invece, Giovanni Tamburi: "Alla fine tutto cambierà moltissimo - afferma il banchiere d'affari - perché la gravità di quello che stiamo vivendo non puo' non imporre a tutti un profondo ripensamento".

Una gravità che, evidentemente, lo stesso Paolo Colonna, partner del private equity Permira, condivide. Anche se il maneger puntualizza alcuni aspetti: "Noi dobbiamo uscire da questa crisi che è di sistema e globale. Ma dovranno , anche, cambiare alcune situazioni fondamentali. La bilancia dei pagamenti di alcune nazioni chiave (gli Stati Uniti, ndr) " dovrà migliorare. "Ancora: la governance delle grandi realtà finanziarie e industriali, giocoforza, non potrà non includere meccanismi di premi/punizioni coerenti con i veri risultati. Di più: è fondamentale la trasparenza su attività e risultati".

Altrimenti? "Altrimenti correremo il rischio di re-innescare meccanismi ad alto rischio, anche se diversi da quelli già vissuti". E ci troveremo di nuovo a citare un film per parlare dell'ennesima crisi economico-finanziaria. Sarà cambiata solo la pellicola cui fare riferimento, visto che lo sceneggiatore di "Wall Street" Stanley Weiser sta lavorando al copione di un nuovo film su Bernard Madoff.

Vittorio.Carlini@ilsole24ore.com

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Crisi: il collasso causato dall'avidità?

"L'avidità è valida (…) chiarifica, penetra e cattura l'essenza dello spirito evolutivo". È una delle battute del film "Wall Street" del 1987, diretto da Oliver Stone e interpretato da Martin Sheen e Michael Douglas.

I commenti di :Tamburi, Lanci, De Felice, Colonna e Hamaui

Il turbo-capitalismo finanziario limita la democrazia?

"Non sarai tanto ingenuo da credere che viviamo in una democrazia, vero Buddy? È il libero mercato e tu ne fai parte". È la frase di Michael Douglas, alias Gordon Gekko, al suo apprendista nel film Wall Street.

I commenti di : Tamburi, De Felice, Colonna e Hamaui

La lezione si ripete: non impariamo mai?

Le evoluzioni di Gordon Gekko in "Wall Street" risalgono a circa vent'anni fa. Il film, infatti, uscì sugli schermi nel 1987, poco prima di un famoso crollo della Borsa della "strada del muro".

I commenti di : Tamburi, Colonna e Hamaui

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